Lo staff di Pro Natura Abruzzo

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giovedì 25 febbraio 2016

Il Governo Renzi tenta di svuotare la normativa di tutela degli Habitat

Il Governo Renzi tenta di svuotare la normativa di tutela degli Habitat

Il Governo Renzi sfida l’ Unione Europea in materia di salvaguardia degli Habitat naturali e dell’avifauna selvatica
Come noto, infatti, la direttiva n. 92/43/CEE sulla salvaguardia degli Habitat naturali e semi-naturali, la fauna, e la flora ha avviato e comportato la realizzazione della Rete Natura 2000, mediante l’individuazione dei siti di importanza comunitaria (S.I.C.) e delle zone di protezione speciale (Z.P.S.)  ai sensi della direttiva n. 09/147/CE sulla tutela dell’avifauna selvatica. 
Stabilisce poi, all’art. 6, comma 3°, che “qualsiasi piano o progetto non direttamente connesso e necessario alla gestione del sito ma che possa avere incidenze significative su tale sito, singolarmente o congiuntamente ad 
altri piani e progetti, forma oggetto di una opportuna valutazione dell'incidenza che ha sul sito, tenendo conto degli obiettivi di conservazione del medesimo. Alla luce delle conclusioni della valutazione dell'incidenza sul sito e fatto salvo il paragrafo 4, le autorità nazionali competenti danno il loro accordo su tale piano o progetto soltanto dopo aver avuto la certezza che esso non pregiudicherà l'integrità del sito in causa e, se del caso, previo parere dell'opinione pubblica”.
L’Italia ha provveduto a darvi attuazione con il D.P.R. n. 357/1997 e s.m.i.    Nello specifico, l'art.  5, comma   8°, disponeva testualmente: “l'autorita' comp
etente al rilascio dell'approvazione definitiva del piano o  dell'intervento acquisisce preventivamente la valutazione di incidenza, eventualmente individuando modalita' di  consultazione  del pubblico interessato dalla realizzazione degli stessi".
Ora l’art. 57, comma 2°, della legge 28 dicembre 2015, n. 221 testualmente stabilisce: “le disposizioni dell'articolo 5, comma 8, del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 8 settembre 1997, n.  357, e successive modificazioni, si applicano esclusivamente ai piani.
E’ una bella furbata, visto che è del tutto evidente la sottrazione dello svolgimento della necessaria, preventiva e vincolante riguardo tutti gli interventi ricadenti in aree S.I.C. e Z.P.S. in palese violazione della disciplina comunitaria.
Ed è una furbata che può costare molto cara.
Infatti, già nel 2014 la Commissione europea – Direzione generale “Ambiente” ha aperto la procedura di indagine EU Pilot 6730/14/ENVI[1] “diretta ad accertare se esista in Italia una prassi di sistematica violazione dell'articolo 6 della direttiva Habitat a causa di svariate attività e progetti realizzati in assenza di adeguata procedura di valutazione di incidenza ambientale in aree S.I.C. e Z.P.S.
In seguito la Presidenza del Consiglio dei Ministri – Dipartimento per le Politiche europee – Struttura di missione per le Procedure di infrazione ha coinvolto (nota n. 3253 del 27 marzo 2015) i Ministeri competenti e la Conferenza permanente Stato – Regioni – Province autonome riguardo le ulteriori contestazioni e richieste delle Istituzioni europee. 
La Commissione europea – DG Ambiente ha già evidenziato, in particolare, carenze qualitative nelle relazioni di incidenza ambientale, carenze nelle procedure di V.INC.A., elusioni, mancanza di trasparenza, scarso coinvolgimento degli enti di gestione di S.I.C./Z.P.S., carenze nei riscontri dell’effettivo rispetto delle conclusioni della procedura di V.INC.A., carenze di professionalità nella predisposizione delle relazioni di incidenza ambientale, assenza di sanzioni per il mancato rispetto della normativa e delle conclusioni della procedura di V.INC.A.
Ora la furbata peggiora le cose.
Le associazioni ecologiste Federazione nazionale Pro Natura e Gruppo d’Intervento Giuridico onlus hanno chiesto (20 febbraio 2016) alla Commissione europea e alla Commissione “petizioni” del Parlamento europeo di esaminare le nuove disposizioni di cui alla legge n. 221/2015 per verificarne la rispondenza alla normativa comunitaria in materia di salvaguardia degli Habitat e dell’avifauna selvatica. Il rischio ora è quello dell’apertura di una procedura di infrazione per violazione della normativa comunitaria sulla salvaguardia degli Habitat naturali e semi-naturali, la fauna, la flora (direttiva n. 92/43/CEE) e, in conseguenza di eventuale sentenza di condanna da parte della Corte di Giustizia europea, di una pesante sanzione pecuniaria a carico dell’Italia (e per essa alle amministrazioni pubbliche che hanno causato le violazioni), grazie soprattutto a omissioni o pressapochismo in materia di tutela ambientale, nonostante le tante istanze ecologiste
Che cosa accade in questi casi?
Se non viene rispettata la normativa comunitaria, la Commissione europea – su ricorso o d’ufficio – avvia una procedura di infrazione (art. 258 Trattato U.E. versione unificata): se lo Stato membro non si adegua ai “pareri motivati” comunitari, la Commissione  può inoltrare ricorso alla Corte di Giustizia europea, che, in caso di violazioni del diritto comunitario, dispone sentenza di condanna con una sanzione pecuniaria (oltre alle spese del procedimento) commisurata alla gravità della violazione e al periodo di durata.
Si ricorda che le sanzioni pecuniarie conseguenti a una condanna al termine di una procedura di infrazione sono state fissate recentemente dalla Commissione europea con la Comunicazione Commissione SEC 2005 (1658): la sanzione minima per l’Italia è stata determinata in 9.920.000 euro, mentre la penalità di mora può oscillare tra 22.000 e 700.000 euro per ogni giorno di ritardo nel pagamento, in base alla gravità dell’infrazione.    
Fino a qualche anno fa le sentenze della Corte di Giustizia europea avevano solo valore dichiarativo, cioè contenevano l’affermazione dell’avvenuta violazione della normativa comunitaria da parte dello Stato membro, senza ulteriori conseguenze.    Ora non più.    
Attualmente sono ben 91 le procedure di infrazione aperte contro l’Italia dalla Commissione europea. Di queste addirittura 20 (quasi un quinto) riguardano materie ambientali.
L’esecuzione delle sentenze della Corte di Giustizia per gli aspetti pecuniari avviene molto rapidamente: la Commissione europea decurta direttamente i trasferimenti finanziari dovuti allo Stato membro condannato: in Italia gli effetti della sanzione pecuniaria vengono scaricati sull’Ente pubblico territoriale o altra amministrazione pubblica responsabile dell’illecito comunitario (art. 16 bis della legge n. 11/2005 e s.m.i.).
Ovviamente gli amministratori e/o funzionari pubblici che hanno compiuto gli atti che hanno sostanziato l’illecito comunitario ne risponderanno in sede di danno erariale.
Bruxelles è molto più vicina di quanto possiamo pensare.
Il Governo Renzi, le Giunte regionali, gli Enti locali riusciranno a capirlo in tempo?
p. Gruppo d’Intervento Giuridico onlus   e   Federazione nazionale Pro Natura
Stefano Deliperi

[1]  nell’ambito della procedura di indagine sono state considerate ipotesi di violazione della normativa comunitaria diversi casi oggetto di ricorsi inoltrati dall’associazione ecologista Gruppo d’Intervento Giuridico onlus, spesso insieme alle associazioni ecologiste Amici della Terra, Lega per l’Abolizione della Caccia, E.N.P.A., WWF.  Precisamente:
* calendario venatorio regionale sardo 2012-2013 e calendario venatorio regionale sardo 2013-2014 in assenza di procedura di V.INC.A. pur prevedendo la caccia anche entro S.I.C. e Z.P.S. (nota prot. n. ENV.D.2/LS/vf/EU-Pilot/6730/14/ENVI del 15 luglio 2014);
* caccia con appostamenti fissi a ridosso del S.I.C. e Z.P.S. “Torbiere del Sebino, sul lago d’Iseo (BS, BG) in assenza di procedura di V.INC.A. (nota prot. n. ENV.D.2/LS/vf/EU-Pilot/6730/14/ENVI del 15 luglio 2014);
* attività addestrative nei poligoni militari di Capo Teulada (Teulada, CA) e di Torre Veneri (Lecce) nei due S.I.C. “Isola Rossa e Capo Teulada” e “Torre Veneri” in assenza di procedura di V.INC.A. (nota prot. n. ENV.D.2/LS/vf/EU-Pilot/6730/14/ENVI del 15 luglio 2014);
* interventi di messa in sicurezza delle gallerie minerarie dismesse di Sa Duchessa, Su Corovau, Reigraxius, Barraxiutta, Macciuru (Domusnovas, CI), effettuati mediante opere in muratura con aperture minime e assolutamente insufficienti per la protezione di popolazioni di varie specie di Chirotteri e Anfibi, in assenza di adeguata di procedura di V.INC.A. (nota prot. n. ENV.D.2/LS/vf/EU-Pilot/6730/14/ENVI del 15 luglio 2014).
Nel 2015 sono state aggiunte nove vicende analoghe di mancanza di procedure di V.INC.A. in varie regioni italiane, fra cui l’ampliamento dell’aeroporto di Cagliari-Elmas.


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Gruppo d'Intervento Giuridico onlus    
Via Cocco Ortu, 32 - 09128 Cagliari

Vogliamo veder condannato il bracconiere di Lupi!

Vogliamo veder condannato il bracconiere di Lupi!


Le associazioni ecologiste Federazione nazionale Pro Natura e Gruppo d’Intervento Giuridico onlus hanno provveduto (22 febbraio 2016) a denunciare alle Procure della Repubblica presso i Tribunali di Parma e di Monza (dove ricade il Centro produzione televisivo Mediaset) l’ignoto bracconiere di Lupi fra i protagonisti del servizio televisivo andato in onda nel corso della trasmissione Le Iene del 16 febbraio 2016.

Qui il video “Quando il Lupo diventa una minaccia”, di Veronica Ruggeri, girato nell’Appennino Parmense, dove vi sarebbe una vera e propria pretesa invasione di Lupi. Nel video compare un ignoto bracconiere che si vanta di aver ucciso almeno 15 esemplari di Lupo con modalità particolarmente crudeli (mediante un amo).

In realtà, il ritorno del Lupo sull’Appennino Parmense, ormai a partire dagli anni ’90 del secolo scorso, costituisce un importantissimo arricchimento della biodiversità e la fondamentale forma naturale di contenimento degli ungulati, in particolare il Cinghiale (Sus scrofa).

Il servizio televisivo andato in onda è criticabile per molti versi, in ogni caso l’uccisione di un Lupo (Canis lupus), specie particolarmente protetta, è sanzionata penalmente (art. 30, comma 1°, lettera b, della legge n. 157/1992 e s.m.i.), mentre “chiunque, per crudeltà o senza necessità, cagiona la morte di un animale è punito con la reclusione da tre mesi a diciotto mesi”  ai sensi dell’art. 544 bis cod. pen.

La situazione del Lupo in Italia è certamente migliorata nel corso degli ultimi anni[1] proprio grazie alle normative di tutela e alle varie iniziative di contrasto della predazione del bestiame domestico finanziate con fondi comunitari e nazionali.  Tuttavia nel solo periodo 2013-2015 sono stati uccisi da bracconaggio (40,8%) e incidenti vari (45,6%) almeno 115 esemplari. E un altro grave rischio è rappresentato dall’inquinamento genetico.

Altro che assurde proposte di riapertura della caccia al Lupo sotto qualsiasi forma!

Le associazioni ecologiste Federazione nazionale Pro Natura e Gruppo d’Intervento Giuridico onlus auspicano che la magistratura inquirente accerti al più presto identità dell’ignoto bracconiere ed eventuali complicità, perché sia sanzionato in modo esemplare.


p. Federazione nazionale Pro Natura e Gruppo d’Intervento Giuridico onlus