COMUNICATO
STAMPA 07-01-2014
E’ di oggi la notizia del ritrovamento di un esemplare di
lupo maschio morto a Poggio Picenze (L’Aquila), in un campo nei pressi della
zona industriale di Varranoni. Con molta probabilità l’animale è stato
investito da un'auto nella notte.
Negli ultimi 6 mesi sono stati una decina i lupi morti sulle
strade dell'Aquilano, e molti esemplari sono vittima anche di atti di
bracconaggio nel Parco Nazionale d’Abruzzo e non solo. Colpi di fucile, lacci, trappole, rischiano di decimare la popolazione di lupo
appenninico.
Questo magnifico essere vivente, oggetto di tutela e
protezione, viene ucciso perchè è considerato pericoloso per le greggi e per
l’uomo. Tale falsa convinzione è frutto
di antichi retaggi culturali e della scarsa conoscenza della specie.
Emblematiche sotto questo punto di vista sono le favole ed i racconti che hanno
da sempre visto il lupo come l’ animale malvagio per eccellenza.
“Cappuccetto Rosso”, “I tre porcellini” , il “Pierino” di
una fiaba russa musicata da
Prokof'ev devono sempre confrontarsi con il
lupo cattivo: e se si va più indietro
nel tempo non è possibile non ricordare la fiaba “il lupo e l’agnello” di
Fedro.
Ma il lupo è cattivo solo nelle favole! Ed il timore verso
questo animale ha radici ancestrali e rappresenta la paura per ciò che non
riusciamo a comprendere. Infatti il
lupo, elusivo e misterioso per sua stessa natura, è in realtà il baluardo della fauna appennica
e non solo. Si riporta qui di seguito una riflessione sull’argomento del Prof.
Mauro Furlani, Presidente della Federazione Nazionale Pro Natura.
Dott. Piera Lisa Di Felice
Coordinatore Organizzazione Regionale Pro Natura Abruzzo
Il Lupo: presenza
ingombrante o possibile risorsa?
Le numerose uccisioni di lupi che si susseguono in Italia,
le ultime in Maremma, impongono una maggiore e più efficacie prevenzione e
repressione di questi atti criminosi ma anche una riflessione sul fenomeno..
Questa specie, negli anni
’80 era ridotto ad un centinaio di individui, lungo la dorsale appenninica,
di nuclei sparsi e separati gli uni dagli altri.
Anche se probabilmente il numero all’epoca poteva risultare
sottostimato, certo la sproporzione con il numero di cani vaganti, randagi e
inselvatichiti era ed è anche tutt’oggi enorme.
Un contributo importante per migliorare la situazione va
accreditata all’operazione San Francesco, promosso negli anni ’80 dal prof. Franco Tassi, all’epoca Direttore del Parco d’Abruzzo. Questa
operazione così efficace anche dal punto di vista mediatico è riuscita ad
arginare il declino numerico e soprattutto a diffondere nella popolazione
un’immagine positiva di questo predatore .
Al successo dell’espansione numerica e dell’areale del Lupo
hanno contribuito la forte trasformazione antropica che ha spopolato le aree più
impervie degli Appennini , e la grande plasticità ecologica e trofica della
specie frutto anche di migliaia di anni di convivenza a contatto con l’uomo.
Paradossalmente sono stati gli stessi cacciatori,
involontariamente, con l’introduzione a
fini venatori e la successiva grande diffusione, soprattutto di cinghiali, ma
anche altri ungulati, a creare risorse trofiche altrimenti non disponibili.
In questi anni abbiamo seguito con molto interesse e grande
soddisfazione questo evento naturale, sottovalutando la ricomparsa di antichi
conflitti con le popolazioni residenti e soprattutto con gli allevatori che
inevitabilmente subivano dei danni da questa presenza. Danni che si sono andati
a sommare con ben altri problemi a cui il mondo della pastorizia ha dovuto
affrontare. Dunque chi meglio del Lupo poteva essere usato come capro
espiatorio di una situazione già difficile?
A ciò si aggiunga il fatto che spesso i danni imputati ai
lupi sono riconducibili anche a troppi cani vaganti e spesso anche agli ibridi
che costituiscono una seria minaccia per le popolazioni di Lupi presenti. Cani
vaganti e ibridi, entrambe facce dello stesso problema, la cui complessità è
stata sottovalutata.
Allo stato attuale da dove cominciare per affrontare una
situazione nuova? Non più quella di adottare strategie per salvaguardare una
popolazione al limite dell’estinzione, ma al contrario di gestire una specie in
espansione e che inevitabilmente incrementa il conflitto con gli operatori nel
territorio.
Da questo punto di vista non si parte da zero. Numerose
esperienze, anche con un certo grado di successo sono state sperimentate e
altri progetti sono in fase di sperimentazione: da quelle di far uso di cani di
guardiania, selezionati ed addestrati allo scopo, a quelli di aiutare economicamente
gli allevatori ad allestire allevamenti con strutture di protezione efficaci.
Utile potrebbe anche essere quello di rivalutare i prodotti, carni, formaggi
ecc. provenienti da aree di accertata presenza di Lupo.
Se prevalesse la sola componente emotiva, così come appare,
e non facessimo uno sforzo per un approccio laico e razionale, probabilmente
non riusciremo a limitare le uccisioni così come purtroppo sta oggi accadendo.
La gestione del Lupo non può prescindere dal difficile
quanto inevitabilmente tentativo di dialogo almeno con quella parte del mondo
della pastorizia meno preclusa da pregiudizi e ostilità.
A nostro parere appare inefficace come unica arma di
contrasto, quella di affidare alla semplice repressione dei crimini di
uccisione di lupi. Sarebbe strategicamente perdente, come in certe realtà sta
accadendo, lasciare la questione in mano allo schiamazzo populista di alcuni
improvvisati politicanti i quali cercano di cavalcare il malcontento in cambio
di qualche meschino interesse personale.
Altrettanto controproducente sarebbe esorcizzare il problema
relegandolo alla sola sfera etica.
Le normative internazionali le leggi nazionali impongono
giustamente di considerare il Lupo una specie prioritaria. Affrontare il problema significa non relegarlo al
rapporto lupo-pastore ma affrontarlo anche dal punto di vista economico. Dovrà
essere l’intera società a farsi carico, anche economicamente, di una specie che
giustamente, per il valore scientifico, ecologico e simbolico, è di grande
importanza anche per l’intera collettività. Per questo i danni da esso causati
dovranno essere rapidamente accertati e risarciti, così come dovranno essere
incentivate tutte quelle strategie efficaci, non cruente, per limitare i danni.
Prof. Mauro Furlani, presidente Federazione nazionale
Pro Natura